PRECISAZIONI SU PIO XII

In questi giorni sto ultimando lo studio e la lettura di tutte le testimonianze costituende la Positio sulle virtù del Venerabile Pio XII. Queste testimonianze (ovviamente non ancora pubbliche) per la causa di Beatificazione del Pastor Angelicus vanno nella stessa direzione: Pio XII ha fatto molto, davvero molto per salvare migliaia di ebrei. Tutte le testimonianze concordano che il “silenzio” di Pio XII fu su consiglio di alcuni vescovi che dissero al Papa che un pronunciamento avrebbe scatenato più danni che benefici. Pio XII agì nonostante questo consiglio a far nascondere e salvare da morte certa migliaia di ebrei romani. Non vi è nessuna testimonianza discordante o a sfavore. Pio XII fu davvero uomo di Dio e uomo santo. Non per niente durante il Pontificato ha avuto l’apparizione del Signore stesso e la visione del sole di Fatima.

Pio XII, il film-inchiesta: “Fu lo Schindler del Vaticano, non il Papa di Hitler”

    

     

Pio XII, il film-inchiesta: “Fu lo Schindler del Vaticano, non il Papa di Hitler”

Cinema            
Anteprima mondiale di “Shades of Truth” presso la Santa Sede il prossimo 2 marzo, anniversario della nascita e dell’elezione di Pacelli, più volte accusato di essere stato filonazista. La regista Liana Marabini: “Salvò dalla deportazione 800mila ebrei”
di | 27 gennaio 2015
            

Auschwitz grida il dolore di una sofferenza immane e invoca un futuro di rispetto, pace e incontro tra popoli”. Così, con un tweet sul suo account ufficiale @Pontifex, Papa Francesco si è unito alle celebrazioni della Giornata della memoria, 70 anni dopo la fine della Shoah. La Santa Sede è sempre più determinata a fare luce su quegli anni con i silenzi di Pio XII, di cui è in corso il processo di beatificazione, da alcuni definito il “Papa di Hitler”. Il prossimo 2 marzo, anniversario della nascita e dell’elezione di Pacelli, proprio in Vaticano si terrà l’anteprima mondiale del film inchiesta su Pio XII, intitolato “Shades of Truth”, scritto e diretto dalla regista Liana Marabini, che a maggio sarà presentato al festival di Cannes e a settembre a Philadelphia in occasione dell’ottavo incontro mondiale delle famiglie a cui parteciperà Bergoglio.

La pellicola, prodotta da Condor Pictures in associazione con Liamar Media World, rappresenta un tassello importante per il processo che dovrebbe portare al più presto Pacelli agli onori degli altari perché è stata realizzata attraverso testimonianze inedite di alcuni degli ebrei salvati da Pio XII. Una beatificazione che, come ha dichiarato a ilfattoquotidiano.it il cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione delle cause dei santi, si potrebbe tenere subito, anche senza il miracolo, come avvenuto per san Giovanni XXIII, se solo Papa Francesco lo volesse. Infatti, per Pacelli è già stato emanato il decreto vaticano che ne attesta l’eroicità delle virtù che è l’unico elemento veramente indispensabile per la beatificazione. Ma c’è ancora chi lo accusa di essere stato filonazista.

“Ne ha salvati dalla deportazione e dalla morte – racconta la regista a ilfattoquotidiano.it – più di 800mila: è un numero impressionante. Questa azione è stata compiuta in vari modi: dalle lettere e disposizioni che impartiva ai vescovi del mondo intero, nelle quali raccomandava l’assistenza a 360 gradi agli ebrei in pericolo, alle case e strutture della Chiesa, perfino all’interno delle mura vaticane, in particolare nella sua residenza estiva di Castel Gandolfo, dove li nascondeva. Un aiuto – sottolinea Marabini – non solo spirituale, ma anche materiale. Un autentico esempio di coraggio e per questo il film vuole fargli giustizia”. La stessa posizione di Papa Francesco che ha sempre ricordato che “nella deportazione degli ebrei di Roma molti istituti religiosi, monasteri e le stesse basiliche papali, interpretando la volontà di Pio XII, hanno aperto le loro porte per una fraterna accoglienza”.

Liana Marabini, che è anche autrice della sceneggiatura, è andata alla ricerca della verità attraverso lo studio dei documenti vaticani riservati e l’ascolto delle testimonianze inedite dei superstiti. “Ho studiato e letto – racconta la regista – tutto quello che era possibile e perfino inimmaginabile. Ho consultato centinaia di fonti storiche, in Vaticano e in altri luoghi. Ho incontrato persone, ho ascoltato e registrato le loro testimonianze, le ho filmate mentre evocano Pio XII con le lacrime agli occhi: sono tutti ebrei. Qualcuno ha più di novant’anni, altri sono discendenti, per lo più figli e nipoti, di ebrei salvati dal grande Pontefice, altri ancora esistono grazie a lui”.

Il film è stato girato tra Roma, Asti, Berlino, New York, Lisbona e ovviamente nel territorio della Santa Sede. Dopo l’anteprima mondiale in Vaticano, uscirà in 335 sale cinematografiche italiane, in 280 sale francesi, in Belgio, Germania, Stati Uniti, Argentina, Brasile, Australia, Spagna e Portogallo, per poi approdare in televisione.

Articolo apparso su “Miracoli”

Articolo apparso sul settimanale Miracoli sul Museo dei Papi. Vi è una piccola svista (la reliquia di Giovanni XXIII è nel proprio reliquiario come quella di Giovanni Paolo II). Ma il resto è corretto. Buona lettura. – (C) Miracoli

Clicca sul link sottostante per leggere l’articolo: Miracoli

NUOVE ACQUISIZIONI

NUOVE ACQUISIZIONI: Purificatoio di San Giovanni Paolo II, Manicotto della veste talare del Venerabile Pio XII e reliquia di San Pio V, Dipinto di Cesarino Monti (1968) raffigurante il concilio Vaticano, Busto in terracotta di Eugenio Pacelli. Grazie a chi ha donato il materiale prezioso!

Piccolo bilancio dell’Anno 2014

Il bilancio di quest’anno è in passivo di 10.079,54 Euro che va a sommarsi agli anni scorsi. Totale – 33.343,88 (Materiale acquistato per il Museo totalmente finanziato da Ivan Marsura). Nessuna entrata per il 2014. Confidiamo per l’anno nuovo che qualcuno ci aiuti a far nascere questo Museo e ad acquisire nuovo materiale anche attraverso donazione di materiale e di qualche fondo. Grazie

Reliquiario di San Giovanni Paolo II

Un sentito grazie ai Fratelli Serafini di Marmi Serafini di Chiampo (VI) che questa mattina ci hanno donato e consegnato il pregevole reliquiario in marmo di San Giovanni Paolo II che racchiude al suo interno la reliquia “Ex Sanguine” del Santo. Ora che anche questo reliquiario è finito possiamo concedere ai sacerdoti che ne faranno richiesta queste reliquie per le veglie di preghiera e per la peregrinatio.SAMSUNG CAMERA PICTURESSAMSUNG CAMERA PICTURESSAMSUNG CAMERA PICTURESSAMSUNG CAMERA PICTURESSAMSUNG CAMERA PICTURES

Reliquiari di San Giovanni XXIII e San Giovanni Paolo II. Ringraziamenti

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Lo scultore dei Papi, Carlo Balljana, ha donato al Museo dei Papi questa statua che da oggi contiene la reliquia di San Giovanni XXIII e che verrà data ai sacerdoti che ne faranno richiesta per la peregrinazione delle reliquie e per la venerazione. Quasi finito pure il reliquiario che la ditta Marmi Serafini ha realizzato per contenere le reliquie di San Giovanni Paolo II. Un ringraziamento anche alla ditta La Pagoda di Tezze sul Brenta per la realizzazione ed il dono delle due teche che contengono le reliquie.

RELIQUIARIO DI SAN GIOVANNI PAOLO II

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Quasi pronto il reliquiario di San Giovanni Paolo II che la ditta Marmi Serafini di Chiampo ha donato per la peregrinazione delle reliquie dei Santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Poche modifiche e sarà pronto!

NUOVE ACQUISIZIONI

Autografo del Card. Karol Wojtyla, 1973. E’ un diploma musicale rilasciato dall’arcidiocesi di Cracovia.

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Reliquia Ex corpore ed ex indumentis di San Giovanni XXIII, tabacchiera con tabacco usata da Papa Leone XIII, Manicotto della talare di Leone XIII

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Corporale di Pio XII

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Rocchetto Papale di Pio VII con autentica. Il rocchetto si presenta in eccellente stato di conservazione. Per avere 200 anni diciamo che se li porta bene. Poi Pio VII è anche Servo di Dio!

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Ritaglio autenticato dell’abito del Venerabile Pio XII e Pennino (1862) usato dal Beato Pio IX per firmare i documenti.

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Cardigan di Pio XII

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Due enormi dipinti di Angelo Capelli ritraenti i Papi da Pio IX a Papa Francesco

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Morto il segretario di Papa Luciani, Mons. Francesco Taffarel. Una preghiera per la sua anima.

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Questa notte è morto serenamente nel sonno mons. Francesco Taffarel, arciprete di Tarzo dal 1999. Nato a Sonego di Fregona il 3 dicembre 1936, venne ordinato sacerdote a Serravalle il 29 giugno 1960. Fu segretario dei vescovi Luciani e Cunial e parroco di Motta di Livenza. Dal 1999 era canonico onorario del Capitolo della Cattedrale.
L’eucaristia di commiato di mons. Taffarel verrà celebrata sabato 4 ottobre alle 10 dal vescovo Corrado nella chiesa di Tarzo.

Nuove Acquisizioni: 5 autografi del Card. Enrico Gasparri (1871-1946)

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Enrico Gasparri (Ussita, 25 luglio 1871 – Roma, 20 maggio 1946) è stato un cardinale e arcivescovo cattolico italiano.

Nacque a Ussita il 25 luglio 1871. Papa Pio XI lo elevò al rango di cardinale nel concistoro del 14 dicembre 1925. Morì il 20 maggio 1946 all’età di 74 anni. Era fratello del Card. Pietro Gasparri, firmatario dei Patti Lateranensi.

In asta lo zucchetto di Papa Francesco: il perchè.

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Abbiamo messo in vendita su Ebay Italia uno dei nostri zucchetti con autentica portato da Papa Francesco. La motivazione di questa scelta è nata dal fatto che, dopo anni di investimenti personali, senza alcuna contribuzione da parte di donatori, non possiamo più far fronte alle grandi spese per acquisire molti nuovi oggetti Papali utili per la costituzione del nostro Museo. Per tale motivazione, ed in piena trasparenza, se dall’asta riusciremo a trarre qualche fondo necessario per l’acquisizione di nuovi elementi, ben vengano gli sforzi in questa direzione.

Ovviamente, se non riusciremo a trarne un importo utile ritireremo l’asta è lo zucchetto sarà sempre in nostro possesso. Lo zucchetto ha strettamente valore affettivo per cui facciamo voti affinchè la persona che lo acquisirà ci possa aiutare a far nascere il Museo.

Ad oggi non vi sono ancora fondi, quindi il progetto del Museo rimane oggettivamente relegato al puro progetto. Specifichiamo che, a Museo avviato, gli introiti, detratte le spese di gestione, verranno impiegati per opere di bene, di qualsiasi forma. Ecco allora che il Museo dei Papi farà del bene e servirà a fare del bene: è l’esempio che ci ha dato il Signore. Fare del bene non costa nulla, ma ci concede gioie immense.

 

36 anni fa: Papa Luciani

GIOVANNI PAOLO I36 anni fa, era il pomeriggio del 26.08.1978 veniva eletto Papa Albino Luciani, Giovanni Paolo I, il Papa del sorriso e dell’umiltà.

Ricordiamolo nelle nostre preghiere!

100 anni fa, il 20 agosto 1914, moriva PIO X

di Ivan Marsura

Pio-X
Un secolo fa, sul nascere del primo conflitto mondiale, moriva a Roma il Papa Pio X. Era il 20 agosto 1914. Albeggiava appena la guerra che avrebbe portato alla morte milioni di persone, distrutto città intere, monumenti e cambiato per sempre il cuore delle persone. Il Papa si è spento silenziosamente, appena ricevuta la notizia che sarebbe scoppiato tale conflitto.
Sabato 23 agosto 2014, presso il parco del Santuario delle Cendrole a Riese Pio X, Treviso, il segretario di Stato, Card. Pietro Parolin, celebrerà una santa messa a ricordo.

Ho il piacere di donarvi, a capitoli, una pubblicazione inedita sul Papa Sarto, scritta nell’ultimo anno.

San Pio X
Il fuoco ardente

Giuseppe Melchiorre Sarto, il futuro Papa Pio X nasce a Riese , un piccolo paese in provincia di Treviso il 2 giugno 1835. Il padre, Giovanni Battista Sarto (1792-1852), ricopriva l’incarico di cursore comunale ed era un modesto possidente, la madre, Margherita Sanson (1813-1894) invece era un’umile sarta “illetterata”, analfabeta. Il matrimonio fra il quarantenne Giovanni Battista e la ventenne Margherita era stato celebrato nel 1833. Da questo matrimonio, durato 19 anni, sono nati in totale 11 figli. Il futuro Papa sarà il secondogenito.
Battezzato il giorno successivo la nascita dal Cappellano di Riese don Pier Paolo Pellizzari, lo stesso cappellano che qualche anno prima aveva unito in matrimonio i genitori del futuro Papa, Giuseppe Sarto vive la propria fanciullezza ed adolescenza come un fanciullo normale, ma con un carattere vivace ed impulsivo tanto che, oltre a saper leggere e scrivere, come ce lo descrive il suo biografo ufficiale Mons. Marchesan «imparò pure a rispondere alla santa messa, a frequentare il coro, in una parola, ad andar per chiesa. Non mancava mai alla dottrina cristiana, al catechismo ed alle atre istruzioni».
Date le spiccate doti di intelletto il Sarto fu introdotto anche allo studio del latino dal parroco don Tito Fusarini. Ogni giorno il giovane si recava al Santuario mariano delle Cendrole che dista circa due chilometri dal centro di Riese. Il suo pellegrinaggio quotidiano avveniva con gli zoccoli in spalla proprio per non consumare quell’unico paio di scarpe che gli era stato confezionato. Il Santuario della Madonna delle Cendrole è considerato la pieve matrice di tutte le chiese sorte nei dintorni.
Fin da piccolo quindi si manifestò in lui la chiamata al sacerdozio. Nel 1845 riceve il sacramento della Cresima ad Asolo conferito dal Vescovo Giovanni Battista Sartori Canova e l’anno successivo, ad 11 anni fu ammesso alla prima comunione. Nello stesso anno sostenne da privatista l’esame di chiusura del primo ciclo di studi per poter così accedere al ginnasio di Castelfranco.
Per anni, dal 1846 al 1850 percorse quotidianamente a piedi quei 7 chilometri da Riese a Castelfranco per frequentare gli studi. Sempre con gli zoccoli sulle spalle. Solo nell’ultimo anno poté qualche volta viaggiare su di un carretto trainato da un somaro, serviva al fratello Angelo, apprendista falegname a Castelfranco Veneto. Ogni anno poi sosteneva gli esami nel seminario di Treviso risultando sempre al primo posto con il massimo dei voti. Nel 1850 corona i suoi studi risultando primo fra i 43 alunni privati.
L’idea di consacrarsi sacerdote era oramai maturata in lui. Decide di entrare in seminario. Il padre non era però molto contento di questa decisione anche per non gravare con il costo della retta del seminario sui bilanci della famiglia, di per sé non benestante.
Fu per intervento del Patriarca di Venezia Jacopo Monico di origine riesina che si concesse il posto gratuito presso il collegio Tornacense Campion di Padova e quindi l’accesso al seminario della città e anche di una borsa di studio destinata ai seminaristi poveri.
Il 19 settembre 1850 entra nel seminario di Padova e riveste gli abiti clericali. Fin da subito spiccano nuove doti nel giovane chierico che, a soli 15 anni, viene insignito del compito di prefetto primo di camerata. A lui spetta redigere brevi commenti sulla moralità ed il comportamento dei suoi compagni di camerata. I superiori noteranno ed individueranno la sua spiccata dote di comprendere l’animo umano.
Scriverà Pierluigi Occelli: «I superiori, dopo soli sei mesi, definiscono l’alunno Sarto con queste espressive sentenze: disciplinae nemini secundus, ingenii maximus, memoriae summae, spei maxime».
In questi anni mantiene ed incrementa il suo epistolario con alcuni sacerdoti che hanno avuto per lui ruolo di formatori, uno fra i tanti quello con il sacerdote don Pietro Jacuzzi.
In seminario oltre allo studio delle materie di protocollo, eccellendo nello studio del latino e della matematica, ma essendo leggermente carente in filosofia, esordisce in primo ruolo con la composizione di 15 brani musicali da lui composti per la Settimana Santa, dapprima scelto come maestro di musica fra i chierici e poi eletto direttore della Cappella Musicale del seminario.
Nel 1852 la morte del padre Giovanni Battista e del suo fratello Pietro Gaetano, deceduto quattro giorni prima della morte del padre.
Fra il 1855 ed il 1858 viene ammesso ai vari gradi dell’ordine ecclesiastico: ostiariato e lettorato (22 dicembre 1855), esorcistato e accolitato (6 giugno 1857), suddiaconato (19 settembre 1857), diaconato (27 febbraio 1858).
La solenne ordinazione sacerdotale avvenne il 18 settembre 1858 per mani del vescovo di Treviso, il Beato Giovanni Antonio Farina (1803-1888) nel duomo di Castelfranco. Avendo meno dei 23 anni richiesti per diventare sacerdote fu richiesta alla Santa Sede la dispensa per poter accedere in anticipo all’ordinazione. Il 19 settembre dello stesso anno, accolto dal popolo festante di Riese celebra la prima messa nella chiesa del Paese.

CAPPELLANO DI TOMBOLO
Del periodo in cui fu cappellano a Tombolo serberà uno dei ricordi più belli, “gli anni più belli della mia vita” avrà a dire. Tombolo, piccolo paese in provincia di Padova ai confini con la diocesi di Treviso, era un paese per lo più dedito al commercio: gli abitanti erano per lo più sensali, gli attuali agenti di commercio, e venditori di bestiame. Fu assegnato come coadiutore del parroco don Antonio Costantini che sostituiva più volte per le sue precarie condizioni di salute, aveva contratto la tubercolosi. Fin da questo primo incarico spirituale il giovane Sarto non si risparmia per nessuno. Data l’alta povertà della popolazione spartiva generosamente persino il frumento a lui spettante per la funzione sacerdotale.
Qui, in questo ruolo, affina le sue capacità oratorie. In diocesi è conosciuto ironicamente come “cappellanus de capellanis”, viene richiesto in tutta la diocesi per tenere omelie e discorsi sacri. Si può dire che si spendesse giorno e notte per i suoi parrocchiani: dormiva poco, era onnipresente fra la sua gente, dispensava consigli, sostituiva quasi ad interim il parroco nella malattia, insegnava canto e istruiva i giovani della parrocchia insegnando loro a leggere e scrivere. Ai processi canonici per la sua beatificazione alcuni testimoniarono che conoscesse molto bene i Monti di Pietà di Cittadella e di Castelfranco Veneto, qui impegnò più volte il suo orologio d’argento e si sobbarcò di debiti. Scriveva il parroco don Antonio ad un confratello: «Mi hanno mandato per cappellano un giovane sacerdote coll’ordine di formarlo al dovere del parroco. Vi assicuro invece che avverrà il contrario. Così zelante, così pieno di buon senso e di altre doti preziose, che io potrei imparare molto da lui».
Nel 1867, su invito del vescovo Federico Maria Zinelli, partecipa al concorso per una delle cinque parrocchie vacanti della diocesi. Nel maggio di quell’anno diventa parroco di Salzano, la più importante fra le cinque parrocchie vacanti. Lasciava Tombolo dopo nove anni di servizio.

PARROCO DI SALZANO
L’ingresso del trentaduenne don Giuseppe Sarto a Salzano avvenne senza fasti. Anzi, alcuni notabili del paese, abituati a sacerdoti illustri, ritennero il Sarto non degno del titolo di parroco di Salzano. Il parroco di Tombolo ebbe a scrivere nuovamente ad un confratello: «Peccato che don Beppe non si chiami rev. Monsignor nob. De Sarto, prelato domestico, cubiculario a secretis, cavaliere in partibus, eccetera… Sventura e tristizia degli anni che corrono! Con 60 ducati e anche meno si avrebbe potuto procacciare titoli meritevoli di un episcopato. [….] Ma a che meravigliarsi di codesta specie di essere che misurano gli uomini colla spanna, se tra gli stessi chercuti (ecclesiastici, nda), sebbene per altro motivo, v’hanno di coloro che non si possono persuadere e dar pace che tanta fortuna sia toccata al Sarto?».
Un distico composto dai parrocchiani di Salzano però dopo nove anni così recita: «El xe vegnùo con la veste sbrisa / el xe partìo senza camisa» .
Anche qui come a Tombolo il parroco Sarto si spese anima e corpo (e denaro) per i più bisognosi. Anni difficili in cui soccombeva il colera e l’imposta sul macinato gravava sui conti delle povere famiglie: canonica sempre aperta, Monti di Pietà, legna da ardere, cereali… tutto quello che aveva lo condivideva con gli altri. Per tale ragione si troverà costretto a vendere anche l’asino della parrocchia.
L’imposta del macinato aveva acceso conflitti con l’esercito tanto che una canzone esasperante del momento diceva: «Prendi quel sasso, butta quel pan / paga la màcina, porco villan. / Su bravi o signorini, buttate gli ombrellini, / gettate i vostri guanti, lavoratevi i campi. / Noi andiamo in America». L’emigrazione era un altro dei problemi a cui il giovane sacerdote doveva arginare.
Poi il colera, estate 1873, diffusosi fra le provincie di Venezia e Treviso, raggiunse Padova e da li poi in Friuli estendendosi con punte sino in Liguria e Campania. Don Giuseppe si prestò molte volte sia come infermiere e necroforo.
Il suo stile pastorale intanto si consolidava e ampliava. Amava, quando le finanze lo permettevano, acquistare dei libri, tenersi aggiornato. Continuava, in linea con quanto aveva fatto a Tombolo, con l’insegnamento della musica e delle materie scolastiche tanto che il comune gli affidò l’apparato scolastico in toto. Il vescovo Zinelli, a visita pastorale compiuta, non poté che complimentarsi con il sacerdote Sarto.
Fu così che il suo vescovo, nell’estate 1875, lo volle a Treviso come canonico della cattedrale, direttore spirituale del seminario vescovile e cancelliere in curia. Dopo nove anni lascia Salzano per il nuovo incarico.